Pubblicato il Marzo 06, 2023Aggiornato il Novembre 28, 2024
Detentore di record mondiali di immersione in apnea, imprenditore, insegnante e conferenziere, ma anche enfant du pays e ardente difensore della natura, Pierre Frolla è un uomo dalle mille sfaccettature. Una persona molto attiva che non teme più nulla. Ambasciatore del programma The Sea is Green, ci parla dei suoi interventi presso Monte-Carlo Société des Bains de Mer. Un’occasione per parlare anche di mare e immersioni e di ripercorrere alcune delle sue esperienze più memorabili. Incontro.
A volte lei viene definito un “apneista che va di fretta”; com’è possibile questo paradosso?
Pierre Frolla: Credo che sia una risposta a un bisogno. Ho un forte temperamento iperattivo: sono sempre stato creativo, artistico e con il gusto per la sfida. Mi piace la competizione, ma soprattutto mi piace vincere, raggiungere i miei obiettivi. Già in giovane età ritenevo che ci fosse un solo gradino sul podio: quello più alto. Il secondo arrivato per me era il primo degli sconfitti. Questo approccio è ottimo per realizzare grandi cose, ma non lascia spazio all’errore. Il che, è un errore di per sé! Questo temperamento aveva bisogno di un equilibrio, è per questo che, spontaneamente, ho scelto un’attività che mi gratificasse e mi facesse crescere: l’immersione in apnea, una disciplina che richiede un’introspezione molto particolare. Come tutti gli esseri umani, ho bisogno di ritrovarmi solo con me stesso. Lo sperimento durante le immersioni in apnea, ma anche durante lunghe escursioni in montagna. Mi basta qualche ora per fare il punto.
Qual è il suo legame con le acque del Principato?
Pierre Frolla: Sono la mia madeleine di Proust: un punto di riferimento, un radicamento profondo. Appartengo a un’antica famiglia monegasca. Tutto il mio albero genealogico, per quanto possa risalire indietro nel tempo, ha radici profonde a Monaco. Il fratello di mio nonno, che era un abate, ha persino redatto la grammatica monegasca! Esiste quindi una componente storica piuttosto importante. Poi ho iniziato a fare le mie prime esperienze ai piedi di dove vivevo, sotto il Museo Oceanografico. Nonostante abbia viaggiato in tutto il mondo, immergendomi in mari bellissimi popolati da specie animali straordinarie, il mio legame con il mare di Monaco è profondo.
Un luogo a Monaco dove le piace immergersi?
Pierre Frolla: Sotto il Museo Oceanografico, dove ho iniziato la pesca subacquea in apnea. È lì che ho portato i miei primi allievi a scoprire il mondo sottomarino. Nel 2012, con il Principe Alberto II abbiamo persino spostato in quel luogo un relitto per creare un ponte ecologico a forma di barca. Un altro luogo che amo è l’area protetta che va dalla spiaggia del Larvotto al Monte-Carlo Beach.
Qual è il suo rapporto con la fauna selvatica durante un’immersione? Si sente integrato o uno “straniero”? Protetto o in pericolo?
Pierre Frolla: Un po’ un mix di tutto ciò. Ma le attività fisiche nella natura permettono soprattutto di prendere coscienza di sé come parte di essa. Quando ci si immerge in un elemento naturale come il mare, non si tratta affatto di un ritorno allo stato selvaggio o naturale, al contrario. Ci immergiamo in un ambiente che non è il nostro. I nostri problemi non hanno nulla a che vedere con quelli della fauna selvatica. Quasi nessuno degli essere umani si alza al mattino con la paura di essere mangiato da un orso, nessuno deve lottare o raccogliere cibo per sopravvivere, o impiegare due ore per accendere un fuoco. Quindi, quando si torna in un ambiente naturale, dobbiamo farlo con un approccio da contemplatori, scopritori, avventurieri, curiosi.
Foto: Pierre Frolla, ©Alexis ROZENFELD
Che differenza c’è tra le immersioni in apnea e le immersioni con le bombole di ossigeno?
Pierre Frolla: Il modo di approcciare l’ambiente naturale è completamente diverso. Un’immersione con bombola di ossigeno è più “facile” perché si dispone di aria per respirare, si può rimanere a lungo sott’acqua, riposarsi, tornare nello stesso posto... Tutte le grandi osservazioni, ad esempio come ai tempi di Cousteau, sono state fatte durante immersioni con bombole di ossigeno. L’immersione in apnea, invece, richiede coordinazione e conoscenza di sé, oltre ad abilità per muoversi sott’acqua e trattenere il respiro. Il processo di apprendimento è molto lungo, per una permanenza sott’acqua piuttosto breve. Gli animali di grandi dimensioni (balene, capodogli, leoni marini) sono più facili da osservare durante le immersioni in apnea, poiché si rimane prevalentemente in superficie. E poi non si producono bolle, si fa pochissimo rumore, si è poco ingombranti, quindi più fluidi. L’immersione in apnea è un modo interessante per farsi accettare dalla fauna.
Pensa che attività come lo snorkeling siano il futuro del turismo marino?
Pierre Frolla: Direi che sono già il presente. Lo snorkeling rappresenta il 70% dei corsi erogati dalla mia scuola di sub. Questa disciplina, che prevede l’utilizzo di maschera e boccaglio, si pratica facilmente. L’attrezzatura pertanto è minimalista e si è direttamente a contatto con la fauna selvatica: meduse, polpi, seppie, pesci... Qualche anno fa, qui nella riserva del Larvotto, durante la prima uscita di snorkeling di uno dei miei allievi ci siamo trovati faccia a faccia con un cucciolo di balena, è stato assolutamente pazzesco! Il mare è uno degli ultimi ambienti in cui si è a contatto diretto con la natura selvaggia.
I suoi incontri subacquei più incredibili?
Pierre Frolla: Ne voglio citare due. Qualche anno fa stavo girando un documentario naturalistico con dei bambini. Durante un’immersione con Tara, 8 anni, ci siamo trovati a faccia a faccia con una balena e il suo balenotto. Il cucciolo sarà stato di 4 tonnellate, la piccola Tara forse di 22 chili. Ha iniziato a giocare con noi, tanto che la mano della bambina è sfuggita alla mia presa e il balenotto si è messo in mezzo a noi. La madre, che osservava la scena a una quindicina di metri di profondità, è risalita in superficie. Con la pinna pettorale, lunga più di 6 metri, ha separato la bambina e il balenotto, creando una sorta di barriera in modo che potessi fare il giro e riprendere la mano di Tara. La mamma balena mi seguiva con lo sguardo come per dire: “Stai attento alla tua bambina ora?”. Una grande lezione di umiltà.
Un altro incredibile incontro è avvenuto nel 2007 durante delle riprese in Sudafrica in mezzo agli squali tigre. Un piccolo esemplare maschio (circa 3 metri) si è avvicinato e ha iniziato a giocare. Non avevo mai provato un’esperienza del genere con un pesce, non pensavo che questo tipo di interazione fosse possibile. Scendere, salire, girare... Mi sono reso conto che riproduceva tutti i miei movimenti con un effetto specchio. A un certo punto mi sono lasciato cadere sulla schiena e lo squalo mi ha raggiunto, avvicinandosi molto. Ho allungato la mano e lui, appoggiandoci il naso sopra, mi spingeva delicatamente verso il fondo. Lo squalo si è poi allontanato. Ho allungato di nuovo la mano, ed è tornato a toccarla. Un’esperienza pazzesca!
Lei e gli squali avete una lunga storia in comune.
Pierre Frolla: Da bambino gli squali mi terrorizzavano... Bisogna anche dire che faccio parte della generazione cresciuta con Lo squalo, un film che mi ha colpito molto. Ma poi ho imparato a conoscerli e ho capito che avevamo paura solo di una cosa: l’ignoto. Mi sono anche reso conto che dove mi immergevo spesso, ad esempio all’Îlot Infernal in Nuova Caledonia, ogni anno vedevo sempre meno squali. Fino a non vederne più nemmeno uno. Ho quindi lanciato una campagna di sensibilizzazione affinché una specie vista come minacciosa venga invece considerata una specie minacciata. Questa è stata una delle mie prime battaglie per la tutela dell’ambiente dopo che la mia carriera agonistica è giunta al termine nel 2005. In quell’occasione ho capito che le mie capacità subacquee potevano servirmi anche ad altro, non solo a recuperare un cartellino numerato dalle profondità marine!
L’impegno per la salvaguardia del mare è sempre stato ovvio per lei?
Pierre Frolla: È stato mio padre, che mi ha introdotto alla pesca subacquea e all’immersione in apnea, a insegnarmi a proteggere l’ambiente in cui vivevo. Sono nato nel 1975, in un’epoca in cui il mare era molto inquinato a seguito di decenni di scarichi industriali in tutti i mari del mondo, e soprattutto nel Mediterraneo. Si parla anche di sversamenti smisurati di olio combustibile, gasolio e sentine di navi. Tutto ciò non avviene più da oltre vent’anni. L’accordo RAMOGE in particolare, ratificato nel 1976 tra Francia, Italia e Principato di Monaco, ha posto fine a tutto questo. L’impulso è nato su iniziativa del Principe Ranieri.
Quest’anno lei è ambasciatore del programma The Sea is Green lanciato da Monte-Carlo Société des Bains de Mer: cosa l’ha attratta di questa grande campagna?
Pierre Frolla: Da un lato, sia io sia l’azienda siamo monegaschi, facciamo parte dello stesso Paese, il che rende la partnership particolarmente significativa. L’approccio di Monte-Carlo Société des Bains de Mer è molto intelligente e interessante: unire la causa ambientale, ecologica, umana e civica al mondo del lusso. Alla fine, il lusso, quello vero, consiste nel poter fare cose importanti. È il tempo, la capacità di fare scelte in linea con i propri valori. E poi mi è piaciuto il modo in cui il Gruppo affronta la questione: stimolando il personale dell’azienda a portare avanti azioni. Per me la cosa più importante è che tutti aderiscano a delle idee, a una visione comune e a dei valori.
In che modo parteciperà al programma The Sea is Green?
Pierre Frolla: L’obiettivo del mio intervento è condividere la mia esperienza, perché ho una vita che può far sognare e che racconta cose belle. Questo mi consentirà di parlare dei miei viaggi e incontri culturali in occasione di conferenze e tavole rotonde con tutti gli attori dell’azienda.
Lei farà anche un’immersione al largo del Monte-Carlo Beach insieme ad alcuni volontari. Può darci i dettagli?
Pierre Frolla: Farò scoprire il mio mondo attraverso un’immersione nella diga della barriera corallina, che è un ponte ecologico per la schiusa di microrganismi e piccoli animali. Parlarne è positivo, ma prendere per mano le persone e condurle a vedere le cose con i propri occhi è meglio.
Fotos: Pierre Frolla, ©Fred BUYLE, ©Greg LECOEUR
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